Love Machine” è un’opera che vibra su frequenze intime e industriali al tempo stesso. Evangelisti, con questo portfolio, attraversa il confine tra carne e metallo, tra desiderio e alienazione, orchestrando una sinfonia visiva che sa essere sensuale, disturbante e poetica. C’è qualcosa di profondamente umano nei suoi soggetti, pur immersi in una dimensione ipertecnologica. I corpi, spesso frammentati o ibridati con elementi meccanici, evocano l’eco di una società che ha fatto dell’automazione il nuovo erotismo, e del sentimento una materia da decodificare. Ma Evangelisti non si limita alla provocazione estetica: ogni scatto, ogni tavola, ogni frammento narrativo di Love Machine è parte di un racconto più ampio, una riflessione visuale sulla solitudine connessa, sull’amore programmato, sull’identità filtrata dal desiderio dell’altro.
La forza di Evangelisti sta nella coerenza visiva e nell’intuizione concettuale. Il suo linguaggio è contemporaneo, stratificato, ma accessibile. Cita il cyberpunk e l’arte glitch, ma con una voce tutta sua, mai derivativa. Le immagini sembrano parlare una lingua segreta che lo spettatore riconosce solo dopo essersi lasciato coinvolgere completamente. “Love Machine” non è solo un portfolio: è un’esperienza estetica e concettuale. Evangelisti conferma la sua capacità di leggere il presente con occhi visionari e restituirci un futuro che, per quanto artificiale, è intriso di un bisogno disperato d’amore.
Superbe